DALL’INTRODUZIONE:
Questa è una fanzine partecipativa. L’intenzione è che serva a riconoscere, rappresentare, fare una mappa per navigare nei brutti periodi o nei momenti di crisi.
Puoi usarla così com’è, modificarla o inventarne una nuova, cerca di farla tua! Questo formato non può funzionare per tuttx, speriamo comunque che ti ispiri a farne qualcosa. Pasticciala, tagliala, disegnaci, bruciala, incollaci sopra qualcos’altro, fanne carta igienica… l’idea è che tu abbia vicino qualcosa da usare se ti senti in crisi, se provi emozioni troppo intense, e costruire strumenti per prenderti cura di te o perché possano farlo delle persone amiche. Può darsi che non serva per niente, allora prendilo come spunto per trovare qualcos’altro che possa andare bene per te.
Questo quaderno è il frutto delle nostre esperienze e ricerche personali, delle nostre lotte di costruzione e decostruzione. Abbiamo trovato un testo proveniente dal mondo dell’antipsichiatria (Mapa de locos), scritto da una persona che l’aveva creato per sé, l’abbiamo ripreso e sviluppato [estrapolato dall’introduzione dell’originale]: “Questo é un tentativo per immaginare altri modi in cui chiunque possa riconoscersi al di là delle etichette della medicina e della psicologia-psichiatria.
Sentiamo l’importanza di rivendicare che i nostri corpi funzionano ognuno a suo modo, e di prendersi il tempo e lo spazio per guardarci dentro e scoprire le nostre diverse identità senza paura di essere etichettatx o giudicatx per quello che può capitarci.
Vorremmo propagare un impulso verso un diverso modo di comprendere il mutuo appoggio nelle nostre comunità e pensare a come potremmo ascoltarci, curarci mutuamente e trasformare le nostre relazioni.
Sfidiamo l’idea che il modo in cui sperimentiamo il mondo è sbagliato, l’idea di essere qualcosa che ha bisogno di essere corretto per “tornare ad essere normale”. Preferiamo pensare alle nostre esperienze come a qualcosa di cui avere cura, qualcosa che ci dà forza, che ci dà materiale per capire cose importanti dei nostri cuori, delle nostre menti, dei nostri
corpi…
Vogliamo liberarci tra noi e liberare il mondo che ci circonda”. Questa liberazione passa secondo noi attraverso la responsabilizzazione dell’individuo, che permette di scegliere attivamente come reagire o gestire i propri stati, al contrario della psichiatria, che impone una cura diretta dall’alto (medico) verso il basso (paziente) senza lasciare scelta e applicando
un trattamento repressivo quando certi limiti vengono superati.
La sofferenza è diversa per ognun*. A volte le spalanchiamo le porte come a una situazione in cui ci si sente a casa, altre la reprimiamo e neghiamo le nostre emozioni dicendo “non sono mica senza cibo, in un paese in guerra”… tipico senso di colpa che ci si infligge quando non si trova razionalmente degna la propria sofferenza; eppure riconoscerla e permetterle di essere non vuol dire “fare la vittima” (spesso siamo vittime soprattutto di ciò che diciamo a noi stessx!)… anzi significa attivare, coscienti che siamo responsabili per noi stessx, un processo che va nella direzione di sentirsi meglio. Per trasformarci e lavorare su di noi è imprescindibile conoscersi e accettarsi per come si è, con le proprie vulnerabilità, i propri limiti, ma anche qualità, potenze, desideri, abilità…
labussolanelcaos@insiberia.net