Venerdì 11 novembre dalle 19 ci trovate con il banchetto all’iniziativa della Collettiva Matsutake “MOVIMENTI TRANSFEMMINISTI E SOVVERSIONE DELLO SPAZIO URBANO” presso La Casa del mondo in via Antonio di Vincenzo 18 a/b a Bologna, con questo contributo.
In che modo le azioni dei gruppi transfemministi si riappropriano dello spazio urbano? Come si rapportano alla narrativa securitaria, che costruisce la dicotomia tra decoro e degrado, tra spazio pubblico “pericoloso” e spazio domestico “sicuro”? In che modo lo spazio pubblico ha a che fare con le esperienze dei corpi incarnati, e come si sovverte quel “pubblico” costruito a immagine dell’uomo bianco, eterosessuale e borghese?
Ne parliamo con Olivia Burchietti, Giada Bonu e Alina Dambrosio.
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“La città negata è l’altra faccia del terrore chiamato Sicurezza. Vetrine scintillanti, locali alla moda, muri puliti, banche, poli espostivi e centri commerciali si costruiscono sul deserto creato dalle retate poliziesche e dai presidi militari. Una città dove ogni spazio è occupato dalla merce, dove ogni incontro senza permesso e denaro è criminalizzato, dove ogni edificio occupato viene sgomberato. Una città concepita in funzione degli interessi dei padroni, con periferie di cemento dove segregare i poveri ed eleganti quartieri residenziali per proteggere i ricchi. Una città dove il cemento e la speculazione tolgono spazio e respiro alla vita. Dall’interno delle vostre gabbie dorate ci parlate tanto di riqualificazione, di lotta al degrado, di sicurezza e legalità, quando l’unica sicurezza che abbiamo è quella di essere sfruttate.
Quello che vediamo noi è invece speculazione edilizia, aumento degli affitti, esplusione dei poveri, distruzione di vite e legami sociali, lotta agli esclusi, a tutto ciò che è colpevole di abbassare le prospettive di rendita della città-vetrina.
Dal PD alla lega, da Minniti a Salvini, i vari decreti legge e “pacchetti sicurezza” non fanno altro che legittimare sgomberi ed esplusioni nel nome del decoro: piazze transennate, strade militarizzate, DASPO urbano, fogli di via, ordinanze amministrative, telecamere di videosorveglianza ad ogni angolo e camionette della polizia e dell’esercito nel centro città.
La vostra sicurezza non ci appartiene. Non ci appartiene quel senso di sicurezza fallace che si dà attraverso presidi militari e controllo del territorio, tramite la costruzione di galere e CPR, tramite il dispiegamento di forze di polizia le cui pratiche violente e discriminatorie si rivologono contro le soggettività marginalizzate.
Smascheriamo la vostra falsa sicurezza riappropriandoci delle strade, attraversandole collettivamente, perché vogliamo che lo spazio pubblico venga vissuto senza doverci preoccupare della nostra sicurezza.
L’unica sicurezza che vogliamo è quella di poterci autodeterminare, di poter scegliere liberamente sui nostri corpi, la sicurezza di avere una casa e un reddito, la sicurezza di transitare liberamente tra generi e confini.
Non vogliamo più imporci limitazioni rispetto a spazi e tempi, scelte e desideri, vogliamo decidere liberamente quali strade attraversare senza dover avere paura.
Non saremo mai le carceriere di noi stesse: perché l’unica sicurezza possibile è la libertà!